La Piantata

Fino a non molti anni fa nella nostra campagna prevaleva il caratteristico paesaggio della piantata, sistema di coltura promiscua, che associava sullo stesso campo le colture erbacee (cereali, piante da foraggio e piante da rinnovo) alla vite e agli alberi tutori.
Questo sistema garantiva ai contadini un’autosufficienza produttiva: forniva grano, vino, fascine e legna da ardere, pali per il sostegno delle viti, e la sfogliatura degli alberi costituiva una riserva di foraggio per il bestiame nei mesi più critici.

LA STRUTTURA

La piantata era costituita da filari di piante di vite “maritate” a sostegni vivi, detti alberi tutori. Quelli tradizionali erano l’olmo e l’acero campestre (detto “opi”) che offrivano un’ottima foglia per l’allevamento del bestiame. Si potevano però trovare anche il salice, il pioppo, il frassino, il gelso in concomitanza all’allevamento del baco da seta, e più raramente alberi da frutto.
Gli alberi erano piantati su filari ad una distanza prefissata (tra albero ed albero, e tra filare e filare): nel sistema locale la distanza tipica corrispondeva ad una “pertica bolognese” (m. 3,80) ma tale distanza poteva variare fino a 30 m tra i filari e fino a 6 m tra gli alberi tutori. La distanza minima tra i filari coincideva con quella necessaria al passaggio dell’aratro o del trattore. Tra un albero e l’altro si sistemavano 2 o 4 piante di vite disposte a spalliera per assicurare un’adeguata esposizione all’aria e al sole. I nuovi tralci venivano legati con rametti di salice ai tutori e ai fili di ferro tesi tra un albero e l’altro.
Le sistemazioni dei terreni a piantata, e i metodi per maritare le viti agli alberi, avevano caratteristiche specifiche nei diversi ambiti territoriali, conferendo al paesaggio rurale delle diverse zone una nota originale.
Era uso piantare una rosa in testa ai filari per monitorare la presenza del “mal bianco”, malattia che attacca tale pianta prima di altre: questo permetteva al contadino di trattare la vite con polvere di zolfo prima che anch’essa ne fosse colpita, salvando così il raccolto.

NOTE STORICHE

Dal medioevo fino ai primi del ‘900 il sistema della piantata ha vissuto uno sviluppo costante, configurandosi come uno dei principali elementi ordinatori del paesaggio agrario della Pianura Padana. L’“arbustum gallicum” (vite maritata all’albero), con lo slancio verticale delle sue alberate, connotava il reticolo regolare della centuriazione romana.
Il suo massimo sviluppo risale al XVI secolo in seguito al fenomeno dell’appoderamento e alla diffusione della mezzadria. Questo tipo di attività si è protratta fino a quando la piantata non è divenuta un ostacolo per le nuove tecniche di coltivazione agricola intensiva. Del sistema a piantata oggi non restano che tracce sporadiche, spesso in avanzato stato di abbandono.

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